Ricorre oggi la Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, istituita per sensibilizzare su quella che un tempo veniva considerata una “malattia incurabile” che emarginava chi ne era affetto. Adesso, fortunatamente, i passi avanti fatti dalla ricerca hanno permesso di comprendere che l’autismo non comporta la rinuncia a una vita piena e produttiva.
Come in ogni cosa del mondo è invece importante capire e comprendere, e da queste premesse nasce il decalogo di Ellen Notbohm, scrittrice e madre di due figli con ADHD e autismo, autrice di 10 cose che un bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi:
1. Io sono un bambino
2. I miei sensi non si sincronizzano
3. Distingui fra ciò che non voglio fare e non posso fare
4. Interpreto il linguaggio letteralmente
5. Fai attenzione a tutti i modi in cui cerco di comunicare
6. Fammi vedere! Io ho un pensiero visivo
7. Concentrati su ciò che posso fare e non su ciò che non posso fare
8. Aiutami nelle interazioni sociali
9. Identifica che cos’è che innesca le mie crisi
10. Amami incondizionatamente
Oltre al libro della Notbohm vi suggeriamo Baci a tutti, scritto da Andrea Antonello, il ragazzo protagonista di Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas. Andrea Antonello racconta la difficoltà di accettarsi e di farsi accettare, l’impegno costante per adattarsi e controllarsi, le facili incomprensioni e i loro esiti, a volte buffi, a volte preoccupanti, e quegli incredibili momenti di grazia in cui un alieno e un umano riescono a incontrarsi.
Infine, ultimo consigli di lettura del posto, Quello che non ho mai detto di Federico De Rosa, in cui – per la prima volta – un ragazzo autistico si racconta in prima persona e dice la sua sull’amicizia, l’amore, la fede… una testimonianza straordinaria per la semplicità con cui arriva dritta al cuore e alla testa del lettore.
Ricordo … la prima volta che riuscii a giocare al computer insieme a Valerio, mio amico di scuola. Finalmente non eravamo solo stati nella stessa stanza ma eravamo riusciti a giocare insieme. Non so se questa novità sia accaduta perché io stavo crescendo e le mie capacità si stavano articolando o se ero riuscito a scoprire un modo di farlo mai trovato prima. Magari è stato solo un caso. Quello che è innegabile è che al computer avevo sempre giocato da solo e, quel giorno, ero riuscito a farlo insieme a un amico. E c’è di più: avevo la netta sensazione che questa piccola conquista mi aveva anche dato una certa idea su come provare a ripeterla, la convinzione che, se ci avessi riprovato, sicuramente qualche volta ci sarei riuscito e che con l’esercizio sarei arrivato a ripetere quell’esperienza con più frequenza e in modo migliore.