Oggi vi proponiamo un’intervista ad Antonello Vanni, autore per le Edizioni San Paolo del recente Figli nella tempesta. La loro sofferenza nella separazione e nel divorzio che affronta il delicato tema del divorzio e della separazione e si sofferma sugli effetti che questi eventi traumatici generano nei figli.
San Paolo Store: Quali ripercussioni può avere sulla famiglia la recente approvazione delle nuove norme sul divorzio breve? Non c’è il rischio di rendere irreparabili delle situazioni che avrebbero potuto essere sanate col dialogo e la pazienza?
Antonello Vanni: Le leggi da un lato recepiscono le problematiche sociali tentando di risolverle, dall’altro orientano i comportamenti con effetti disastrosi e diseducativi. Un esempio di questo secondo aspetto è stata la legge 194 sull’aborto che, normalizzando l’interruzione di gravidanza, ha provocato l’uccisione di un numero di bambini pari o superiore a quello della Shoah (ne ho parlato nel mio libro Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile). La legge sul divorzio breve, lo dimostreranno le statistiche tra qualche anno, ponendosi come facile e superficiale alternativa a più impegnativi percorsi di costruzione o ri-costruzione del dialogo e dell’amore nella coppia, sicuramente farà aumentare il numero di separazioni e divorzi con una grave escalation di problemi sociali oltre che psicologici negli individui e nelle nuove generazioni. Riprendendo le parole di Papa Giovanni Paolo II, la nostra epoca è contrassegnata dalla cultura negativa della “scissione” cioè della frattura delle relazioni tra le persone umane, e citando le parole di Papa Francesco nella sua ultima enciclica Laudato si’ il nostro tempo è impregnato dal vivere le relazioni nei termini delle merci, degli oggetti, che quando non servono o non sono più gradite vengono “scartate” e buttate via. La legge sul divorzio breve orienta le coppie in questa direzione: quella della discarica delle relazioni. Contro questi meccanismi ho intenzione di scrivere per l’anno prossimo un libro dedicato agli uomini che vogliono imparare ad amare e a consolidare le proprie relazioni con la fidanzata o la moglie, in modo maturo e responsabile, anche per dimostrare la validità e l’attualità del matrimonio in un mondo che spinge alla liquidazione delle relazioni.
SPS: Nel suo libro più recente, Figli nella tempesta, lei descrive la “Sindrome dei figli da divorzio”. Potrebbe spiegare ai nostri lettori in cosa consiste e come riconoscerne i sintomi?
AV: L’esperienza vissuta dai bambini quando la loro famiglia si disgrega è un trauma paragonabile a quello vissuto dalle persone in situazioni estreme come la guerra o i cataclismi naturali. La conseguenza è una forma di sofferenza nota come post traumatic stress disorder che innanzitutto si manifesta con segnali di disagio immediati e in secondo luogo con duraturi effetti su tutta la vita della persona. I segnali immediati, che i genitori devono imparare a cogliere, variano a seconda di fattori quali l’età del bambino, la sua identità di genere o il grado di conflittualità tra i genitori. Gli effetti sul lungo termine, la sindrome dei figli del divorzio appunto, accompagna l’intero arco della vita di questi figli e si esprime con: bassa autostima, fallimenti scolastici e di carriera, tendenza alle diverse forme di dipendenza, depressione, disturbi alimentari, suicidio anche a partire dall’età adolescenziale. Tipiche dei figli del divorzio sono poi la mancanza di fiducia verso l’istituto della famiglia (infatti non si sposano) o, se si sposano, la tendenza a ripetere in modo coattivo i comportamenti negativi che hanno osservato nei loro genitori determinando così il fallimento del loro stesso matrimonio. Ricordo infine che, come spiega l’epigenetica, i traumi si trasmettono tra le generazioni, dai genitori ai figli ai nipoti…, e questo perpetuerà la ripetizione di scenari famigliari fragili per molti decenni.
SPS: In caso di divorzio può accadere che il genitore affidatario lamenti l’assenza dell’ex-coniuge, soprattutto se quest’ultimo si è risposato o sta per dare vita a un nuovo nucleo familiare. Come intervenire in situazioni del genere?
AV: Guardiamo il problema da due punti di vista, anche per comprendere meglio le dinamiche dell’assenza di uno dei due genitori, che di solito è il padre. Il primo caso è quello del padre irresponsabile che si allontana dalla famiglia, si disinteressa dei figli, non paga gli assegni… In questa situazione occorre ricordare con forza ai padri che ogni genitore ha il dovere (ma sarebbe meglio se lo facesse per amore) di occuparsi dei figli in tutti gli aspetti della loro vita: educativi, affettivi, materiali. Il secondo caso invece è quello dei padri che sono assenti perché obbligati ad esserlo, pur desiderando essere padri presenti. Basta leggere nelle cronache o sulle pagine di Facebook le terribili storie dei padri separati, tenuti lontani dai figli ad opera dei tribunali o delle madri stesse. In entrambe queste situazioni comunque, come ho spiegato anche nel mio libro Padri presenti figli felici. Come essere padri migliori per crescere figli sereni, i figli già feriti dal trauma della separazione subiscono un danno ulteriore: la deprivazione della figura paterna, con tutte le conseguenze psicologiche e sociali che essa determina con la sua assenza.
SPS: Per attutire i traumi che la separazione genera nei figli è necessaria la collaborazione non solo tra i genitori ma anche l’aiuto di altri attori come assistenti sociali, insegnanti ed educatori; crede che lo stato – in questo senso – offra alle famiglie un aiuto adeguato?
AV: Al momento non registro nessun aiuto particolare, se non il contributo generalistico offerto in questa direzione dai servizi sociali. Anche la scuola è praticamente assente in questo ambito di attenzione, anche perché normalmente si preferisce rimanere al di fuori del conflitto famigliare per evitare di esserne coinvolti. Si noti inoltre che, nonostante i figli della separazione siano in costante aumento sui banchi di scuola, gli insegnanti italiani non ricevono la minima formazione pedagogica o psicologia al riguardo. La vera domanda però è: è necessario che lo stato intervenga? A mio parere non dobbiamo aspettarci nulla da chi ci governa, anche perché uno stato che propugna l’aborto o il divorzio breve non ha molto da offrire di buono… Io credo che tocchi al cuore di ognuno di noi, a quello dei padri e delle madri anche se separati, prendere in mano in prima persona i propri problemi anche attivandosi nel chiedere aiuto (a uno psicologo, a un sacerdote) quando non si sa che cosa fare. E soprattutto i genitori separati devono trovare la forza di accantonare il proprio risentimento, il rancore e le rivendicazioni, per mettere al centro il bene dei figli, collaborando il più possibile nel crescerli ed educarli. Questa è l’unica via per curare le ferite dell’anima dei figli, come le ha definite papa Francesco. Ai bambini non importa nulla di essere amati dallo stato: vogliono il loro papà e la loro mamma.
Per saperne di più o contattare l’autore, potete visitare il sito antonello-vanni.it